IL DONO DEL DIAVOLO
La storia della giovanissima Rosy colpisce per la forte realtà che narra e mostra, ma soprattutto per il modo in cui questa viene descritta: violenze psicologiche e sessuali, rabbia, umanità marginale o emarginata sono raccontate con realismo estremo, ma filtrare dal punto di vista dell’innocente, che conferisce un tono sgombro, talvolta ingenuo, spontaneo e incantato, riuscendo ad esorcizzare la violenza e la disperazione e a trasformarle magicamente in dolcezza, bellezza, poesia. Imponendosi un atteggiamento faustianamente eroico, subdolamente anticonformista e dunque difficilmente comprensibile al sottobosco spregevole di delinquenti, sfruttatori e carnefici a vario titolo che si muovono nelle periferie urbane e nelle lussuose ville dell’alta borghesia, la prostituta-bambina assurge ad icona ad un tempo dell’inevitabilità dell’eroismo e della necessità della sua caduta e distruzione tragica.
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